giovedì 11 marzo 2010

SE NEANCHE IL TACCO CI SLANCIA PIU'

E' inevitabile fermarsi a riflettere sull'ultima intuizione di uno dei nostri giornalisti. Enrico Mentana ancora una volta si infila nelle maglie rotte della Rete (è il caso di scriverlo con la R maiuscola) e porterà - basta non ignorarlo - una lacerazione nel tessuto fitto di torpore che ci sta sommergendo. Darà prova che la voglia di informare, di raccontare, di andare a scavare quando c'è - e se c'è - non si ferma neppure davanti agli ostacoli più insormontabili. Che, evidentemente, lo sono sempre e solo in apparenza. Disoccupato per via proprio della sua "passionaccia", l'ex direttore del Tg5 e fondatore di Matrix ha trovato il modo di aggirare la par condicio sbarcando su Internet. Una trovata necessaria, viene da pensare. Tanto più in un momento così delicato come mai se ne sono visti nel passato recente della Repubblica dell'informazione. E' così che prende il via "Mentana condicio - vietati in tv, liberi sul web". Una serie di appuntamenti di un’ora con i protagonisti della politica, che si confronteranno - su Corriere della Sera.it - in vista della sfida elettorale del 28 marzo. Questo dato di fatto fa venire in mente una serie di riflessioni. Anzitutto che vale sempre il motto per cui alla domanda "Problemi?" va sempre rilanciata l'esclamazione "Soluzioni!" (E che se le cerchi alla fine le trovi). La seconda, e più seria, è che questa mossa la dice lunga (e finalmente) su chi sono davvero i veri destinatari del lavoro dei giornalisti: i cittadini. L'atto di Mentana, oltre che ovviamente un'idea in sé e dato il calibro del professionista anche un modo per far capire chi ci sta e chi no, è un atto d'ossequio massimo agli italiani. Gli unici non tutelati davvero in questa bagarre da terzo mondo nel loro diritto di sapere, di analizzare i programmi elettorali, di conoscere chi delegheranno a rappresentarli nelle istituzioni. Gli unici, forse abbiamo perso di vista un bel po' di materiale, ad avere il potere di decidere che cosa vedere e perché.
Diciamoci la verità: questa norma per la quale noi italiani abbiamo oggi un panorama televisivo decurtato chi va a tutelare, gli italiani? Nossignore. I politici stessi che immemori del fatto che sono i cittadini a dar loro lavoro, non solo non si curano di dar prova di decoro, ma privano i loro elettori anche della possibilità di scegliere. Perché parliamoci chiaro: è un diritto anche quello di decidere che cosa vedere.
Tra l'altro in questa situazione di deriva (per cui oggi noi dovremmo sapere quel che c'è da sapere solo dai tg) il rischio che si corre è massimo: se non ci sono programmi di approfondimento, di analisi, di studio e nel frattempo succede qualcosa, chi ne parla? Come si viene a sapere? Chi è che ci può far capire? Davvero non è possibile pensare che possa essere sufficiente sollazzarsi in una casa blindata (GF) o in un regime di libertà forzata (Isola).
L'idea di Mentana, oltre a dirla implicitamente lunga sulla potenza del web che - se ben utilizzato è davvero una risorsa - è un atto di amore per questo mestiere tanto illustre quanto vilipeso. Ma è anche un segno (in)tangibile di affetto e di rispetto per noi tutti ascoltatori, lettori, valutatori.
Cerchiamo di apprezzare questo gesto e di comprendere veramente quel che sta accadendo all'Italia: in ballo c'è il nostro futuro immediato ma anche quello di un Paese che a dispetto del suo tacco continua a scendere di livello senza rendersene più conto.

6 commenti:

Mario Leone ha detto...

Lo stato di stordimento che avvolge il cittadino non è dovuto soltanto alla volontà del "principe" di lasciare il popolo di "non" decidere con coscienza. Il cittadino ci mette del suo... Gravita intorno al becero, si lascia traviare dalla disinformazione perché nello stato di crisi, dell'economia e delle coscienze, è molto più semplice "non pensare", e se accade è solo per "distrarsi". E la politica, in senso lato, non è distrazione è impegno. Il servizio che rende Mentana può dare fastidio (usando un eufemismo) e anche il servizio in senso lato del confronto in tv è un mezzo di informazione. L'informazione è potere, e il "principe" non può permettersi di perdere potere a causa (lui direbbe: per colpa!) di 4 personaggi che "fanno uso criminoso della tv" salvaguardando il suo stato di homo ultra partes. Il Paese è stordito, e l'informazione sul web è, in questo momento, tra le poche, se non già l'unica, in grado di lasciare spazio alle menti che ancora vigilano di documentarsi. Brava Chiara bel pezzo e continua nel tuo splendido lavoro. Ciao

Chiara Lico ha detto...

Non sono d'accordo, caro Mario, sul fatto che il cittadino ci metta "del suo". Così come non sono d'accordo - pur avendo scritto quel che ho scritto - a cercare, ogni volta, una soluzione (o una colpa) attribuibile al regista palese di un'Italia che comunque ci sta. Perché ci sta. E questo va detto una volta per tutte. Altrimenti, Mario, si ribellerebbe. E darebbe evidenti segni di insofferenza per questa fiera delle vanità in cui chiunque gioca una parte eccetto chi detiene un ruolo da dover svolgere. Guardiamoci intorno: la cronaca ci racconta giorno dopo giorno che è pieno di delinquenti con posti chiave nella vita politica ed economica del paese. Ci dice che è zeppo di truffaldini di basso calibro che ritengono di dover essere omaggiati per il solo fatto di aver racimolato voti. Addirittura abbiamo anche annoverato un senatore che ha falsificato i propri documenti per poter sedere su uno scranno di prestigio. Ma neanche al liceo si osava falsificare la firma dei genitori per marinare le lezioni: si aspettava, semmai, la maggiore età per prendersi in proprio la responsabilità di saltare scuola. Dopodiché, ascoltiamo anche che queste persone hanno intascato più di un milione e mezzo di euro. Non contenti, ci dobbiamo anche sorbettare che quando, come è giusto, individui di questo rango vengono allontanati dalle nostre istituzioni, siano però accompagnati da un applauso commosso segno di scuse che non possono essere verbalizzate.
Ma dove siamo?


Questa condizione, dobbiamo ammetterlo, è trasversale a tutte le linee politiche. La delusione è che i singulti di orgoglio vengono fuori non su proposte concrete (per le quali varrebbe la pena galvanizzarsi) ma solo per demonizzare l'avversario, di qualsiasi parte esso sia. E allora ecco che persino "il principe", come lo chiami tu, ottiene un ruolo determinante: catalizzatore di tutti gli eventi e di tutte le tragedie. Perché solo così “gli altri” possono evitare di parlare di quel che sono loro.
Ricordo la sensazione che provai quest'estate, proprio mentre esplodeva l'affaire escort: un intero numero del Venerdì di Repubblica dedicava un racconto satirico alla storia di Mister B. (tra l'altro era anche la copertina del numero). La storia, a firma di Michele Serra, non era per niente corta e per niente allegorica. Allora io mi chiedo: quando si arriva a questi paradossi, si pensa davvero di far un danno al destinatario della fiaba allegorica? Badiamo bene, Serra non è un neofita della parola, a quei livelli sai bene che la pubblicità ha forme perverse di esistere e di dare vantaggi. Quell'operazione, oltre a portare tanti bei soldini nelle tasche dell'autore non è stata per caso anche un'inversa propaganda del protagonista? Ecco, Mario, in scala quel che sta succedendo è esattamente questo: pur di parlare e di avere ciascuno il proprio tornaconto non si esita a riempirsi la bocca di discorsi vuoti e privi di contenuto. E' quel che si scopre se si ascoltano davvero le parole quotidiane dei nostri politici, che pur di apparire non esitano a dare assist ai loro avversari. Bisognerebbe esser visti di meno e fare di più. E a noi resta un'arma imponente, in mano: non ascoltare, spegnere la televisione, non comprare i giornali, indignarci con un'opposizione che cavalcando le onde di un pasticcio tutto interno invece di parlare di programmi e di proposte si limita a balbettare.

Ecco perché Mario, dico senza remore che il cittadino non ci mette del suo. Perché se solo si impegnasse un po' non si lascerebbe abbindolare da falsi miti e avrebbe chiara la coscienza che questo Stato è prima di tutto il suo e solo dopo, con delega, di chi occupa poltrone comode e prestigiose.

Mario Leone ha detto...

Cara Chiara forse sono stato troppo "buono", ho usato termini di diplomazia che - leggendo la tua replica - faccio fatica a riconoscermi!
Quando dico "popolo stordito" o "cittadini che mettono del loro" mi riferisco ad uno stato di imbarbarimento delle coscienze. Questa è l'unica responsabilità che attribuisco ai cittadini. E loro si sono calati in questo stato, non posso non mettermici anche io. Il silenzio è, oggi, connivenza, la mancanza di partecipazione reale rispetto ad uno Stato irreale è evidente. in una "fiera delle vanità" zeppo di "truffaldini" come dici tu, il popolo assiste, davanti alla tv, all'applauso deificante di un "povero" senatore eletto a suon di falsità... ma come assiste? come si sente davanti a notizie dove miliardi di euro passano in modo criminale da un Paese ad un altro senza minimamente tangere la coscienza morale di ognuno? il popolo oggi è distratto. Siamo arrivati alla distrazione di massa, come disse qualcuno, la rabbia è di pochi, e si concretizza nelle manifestazioni. Abbiamo lasciato alla magistratura il ruolo che in un paese democratico dovrebbe toccare al popolo: quello di eleggere agli altari di governo i migliori, quelli che fanno il giusto e il bene per il popolo. La magistratura ha pian pianino con sforzo, e nel rispetto almeno lei, dei principi costituzionali, tutelato la libertà e la giustizia. Dici bene quando parli di "assist" tra politici, infatti loro, tutti i politici istituzionalizzati ma anche quelli che vorrebbero essere tali, fanno il gioco degli altri, non si "toccano", né si "sfiorano" con accuse disvelanti la verità. La verità va sottaciuta, possibilmente repressa, altrimenti vuoi mettere una "battaglia" politica quanti "morti" lascia per strada? e quei posti lasciati liberi chi se li prende?
Quei soldini che arrivano, dici, in tasca al principe, grazie alla propaganda anche degli avversari, è il male del nostro Paese; un posto dove non esiste conflitto di interessi, dove non c'è un equilibrio tra le istituzioni e gli uomini, tra la sfera priva e la sfera pubblica, figuriamoci il rispetto... Dove chi è al centro dell'informazione è anche chi informa, chi gode di incentivi fiscali è anche chi li decide... Gli italiani dovrebbero capire che - come diceva Popper - quella cattiva maestra, quella (ormai ex) scatola che emana immagini, è solo un contenitore, ma il contenuto è il nostro, è nostra la responsabilità di ciò che viene passato. Come nostra è la responsabilità di chi governa: non farsi abbindolare dai falsi miti, significa innanzitutto capire che ciò che vediamo non è un mito... Ma correrebbe qui ricordare il mito della caverna di Platone... Siamo sicuri che coloro che votano siano davvero tutti, ma dico tutti, convinti che ciò che vedono (le ombre) sia il mondo reale? grazie ancora Chiara per il lavoro che svolgi.

Anonimo ha detto...

Da Giuseppe (Modena)
Mentana Condicio iniziativa del Corsera è soltanto una iniziativa per fare moderno fashion alla page che finirà per scomparire perché 95% degli Italiani(istat)guardano la Tv per informarsi sui fatti politici.
La Rete con la R maiuscola è minacciata (google in Cina)ma anche
http://it.euronews.net/2010/03/19/estonia-giornali-in-bianco-per-la-liberta-di-stampa/
come dire tutto il mondo è paese.Il potere al mercato,al capitale.

Anonimo ha detto...

Chiara, il titolo del tuo pezzo evoca l’immagine di un paese che si è adagiato in attesa che passi la buriana. Il torpore di cui parli si accompagna infatti a un sentimento di sfiducia nelle istituzioni che ha prodotto una generale disaffezione per la cosa pubblica. La questione morale, sollevata da una spregiudicatezza di comportamenti che non contempla minimamente l’assunzione di responsabilità, rimane irrisolta. Gli ultimi fatti di cronaca lo dimostrano. Il rispetto delle regole sembra un tema passibile di interpretazioni volatili, dettate dalle singole convenienze: le regole si aggirano quando ledono interessi personali (vuoi con leggi “ad personam”) oppure si osservano scrupolosamente, in nome di un’inflessibile ottusità (vedi l’interruzione del concerto musicale al Pantheon). Lo scenario attuale richiama alla memoria il clamore suscitato dalla pubblicazione di lettere con cui alcuni padri esortavano i propri figli a cercare una realizzazione professionale lontano dall’Italia. Questo è dunque il dilemma. Abbiamo imboccato una strada senza ritorno, per cui debba prevalere la logica del “si salvi chi può” prima che la nave affondi? Potremmo cavarcela dicendo che fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce, ma tant’è, di alberi caduti se ne vedono tanti. Pur non compiacendosene (forse), l’opinione pubblica si è di fatto abituata allo stato delle cose. Segue con distacco la cronaca quotidiana, accontentandosi di surrogati d’informazione dove le notizie sono trattate alla stregua delle inserzioni pubblicitarie. Un dato disperante è però l’indifferenza che si percepisce tra i giovani, molti dei quali non sembrano avere nemmeno un’opinione. Qualcosa avremo pur sbagliato se non siamo riusciti a interpellarli, a farli sentire partecipi di un progetto comune. Se arrendersi alla comodità della disinformazione è quanto mai rischioso, è altrettanto ovvio che non possiamo continuare a rimanere semplici spettatori. Possiamo sperare di invertire la tendenza solo rinunciando al nostro silenzio. Anche il mondo della comunicazione dovrebbe riflettere sul proprio ruolo nella società se non riesce più ad intercettare una parte cospicua della popolazione. Ben venga l’utilizzo di nuove vie comunicative sulla Rete, ma l’informazione deve recuperare la sua missione originaria che è quella di farsi inchiesta e approfondimento oltre che mera enunciazione delle notizie. Sottraendosi ad ogni imposizione strumentale e scrollandosi di dosso la sudditanza psicologica nei confronti del potere politico che le ha impedito di fare domande sconvenienti e l’ha ridotta ad assecondare risposte tutt’altro che soddisfacenti. Mettersi al servizio del lettore-ascoltatore, dare voce ai suoi interrogativi, significa alimentare una coscienza civile condivisa.
Scuola, università e ricerca non godono poi di alcuna considerazione. L’annuncio disinvolto sulla sconfitta del cancro entro i prossimi tre anni è di una superficialità sconcertante e ha in spregio la sensibilità dei pazienti e il lavoro di medici e ricercatori. Anche i temi dell’ambiente e della tutela del territorio sono relegati a contingenze del momento.
Un paese individualista e ripiegato sui propri egoismi personali, incapace di porsi traguardi di lungo respiro, che non guarda al futuro. Questa è la fotografia della nostra bell’Italia. Siamo soliti pretendere che l’iniziativa debba sempre partire dagli altri: se il fatidico buon esempio non arriva dall’alto, proviamo a metterci in gioco noi per primi. Se non siamo d’accordo, non voltiamoci dall’altra parte. Facciamo sentire la nostra voce. C’è una frase toccante che fa da sottotitolo all’ultimo lavoro di Roberto Saviano: “Perchè la parola diventi realmente efficace contro le mafie (e contro ogni malcostume, aggiungerei io) non deve concedere tregua”. E’ un invito che dovrebbe interessare tutti, operatori dell’informazione e comuni cittadini. Ricordiamocelo sempre.

In appendice, volevo dirti che apprezzo la sensibilità e la dedizione con cui svolgi il tuo lavoro. Sei brava e coinvolgente..

sergio
(anastasisergio@yahoo.com)

Gianfranco Tauro ha detto...

Condivido in pieno il tuo resoconto in merito alla potenza del web, se utilizzato a dovere e con intelligenza. Io che amo la libertà, penso e sono convinto già da tempo come te, che attraverso internet, mediante i blog personali e i social network, ciascun individuo che ne abbia il coraggio, può - se vuole - esprimere effettivamente il proprio pensiero critico e costruttivo a fini socio-politici e culturali. Attraverso tutte le Arti, ciascuno per le proprie competenze, può contribuire al progresso dell'umanità. Il web, oggi più che mai, è uno strumento formidabile e utile alla causa, se sfruttato responsabilmente e con perseveranza nell'agire quotidiano. Nell'Agorà virtuale (ormai diventata il reale)ciascuno di noi può essere protagonista portatore di verità, in quanto è autore ed editore di sè stesso. Senza vincoli padronali di sorta,volendo nello specifico prendere ad esempio il tuo mestiere nobile di giornalista, un qualunque sig. Pieffe genuino - come il protagonista del tuo bellissimo libro dal titolo "Zitto e scrivi" - sul web è più difficile Egli possa correre il rischio di vedersi falsato lo scenario per cui scrive e sotto imposizione di altro soggetto,consapevole della piena libertà di esprimere un concetto che sia vero, piuttosto che verosimile.
Un caro saluto da parte mia e complimenti per tutto ciò che fai in maniera eccellente e con cognizione di causa, su ogni argomento da te trattato e sviluppato. Ciao Chiara.