lunedì 7 dicembre 2009

IL DIAVOLO RISPEDITO ALL'INFERNO

Leymah, una donna in lotta per la pace


Quando finisco di parlare con lei ho il cuore in subbuglio e gli occhi lucidi. Più di mezz'ora sedute vicino, a parlare delle donne, di quelle che hanno rappresentato le sue ragioni di vita, le sue battaglie, i suoi rischi. Di quelle che ancora sono lì, in Liberia: dove adesso c'è più potere per l'universo femminile ma allo stesso tempo è aumentata esponenzialmente la violenza fisica soprattutto verso le minorenni e le adolescenti. Che prima, prima di quando lei entrasse in azione erano costrette a non studiare, a sposarsi a 15 anni e a restare chiuse in casa.
Ero andata lì per realizzare un servizio per la televisione e mi sono ritrovata catapultata in uno degli incontri più coinvolgenti della mia vita. Leyma Gbowee, Direttore Esecutivo di Women inPeace and Security Network - Africa, professione Assistente Sociale, da dieci anni è operatrice di peacebuilding.

La vedo che esce dalla grande sala in cui è stata proiettata la storia della sua battaglia per affrancare il popolo liberiano dalla devastazione della guerra.
La guardo e penso: la devo fermare. Mentre realizzo che si sta allontanando, le corro dietro e la fermo. Mi dice che sarà un piacere per lei parlare con me, ma devo darle solo dieci minuti: la televisione deve attendere perché lei deve cambiare il pannolino al suo bambino che è tutto sporco. Le donne vere fanno così.
Mi tornano di nuovo le lacrime agli occhi e mi accascio sulla panca che poi ci vedrà insieme, vicine a chiacchierare per un bel po'.


Quando sale sul palco ha il vestito verde mela con i colori caldi della sua Africa in subbuglio. Lo scialle che porta in testa è della stessa stoffa. Risalta la sua bocca rossa e il suo viso chiaro, pulito.
Leyma Gbowee viene introdotta senza troppi preamboli: una donna, dice la moderatrice, che come poche ha dimostrato che cos'è il coraggio. Un grande applauso accompagna la sua salita sul palco, e le mani continuano a battere anche quando lei è pronta per parlare.
La prima sensazione che mi assale quando sento le sue parole sono quelle della forza e della purezza della sua voce. Un suono che già da solo ti dà l'idea di poter arrivare ovunque, di oltrepasare le barriere della difficoltà e della piccineria. Lei è lì e il silenzio scende come velo su ognuno di noi.

L'Ara Pacis per i romani è il simbolo dei traguardi faticosamente conquistati. E' il monumento alla pace da parte di chi - Augusto - l'ha vinta con la guerra. Bianca tanto da far male agli occhi, è qui che incontriamo i cosiddetti testimoni del perdono.

Leyma fa un intervento breve, racconta solo che aveva 17 anni quando la guerra scoppia a Monrovia, in Liberia. Da bambina, dice, divento donna in poche ore. Il documentario al quale ci lascia non ci metterà molto a farci capire il perché. Fin dal titolo: Pray the davil back to Hell, Prega il diavolo perché torni all'Inferno.


Nelle due ore di filmato prodotte da Abigail Disney non c'è spazio per la fantasia e i pensieri, che si accavallano, si sovrappongono, si confondono nella consapevolezza che troppe realtà a noi occidentali sono estranee per il solo fatto di essere lontane, tengono tutti insieme e ognuno di noi lì seduti, inchiodati a una sedia che non molleremo fino alla fine.

Nella Liberia della dittatura di Taylor la guerra si trascina. Aumenta la povertà e la disperazione. Leyma comincia a lavorare come assistente sociale con i bambini-soldato dell'esercito del despota e si rende conto che anche loro sono vittime. Si unise così alla Women in Peacebuilding Network (WIPNET) e arriva a ricoprire ruoli di rilievo.

Sarà grazie al suo carisma che potrà unire le donne delle Chiese Cristiane per fomrare un gruppo che si chiama "Christian Women Iniziatuve" e inizia a emanare una serie di inviti alla pace. Ma chi fa la guerra non ha orecchie se non per le esplosioni e le violenze e allora lei decide e di fare l'impossibile e ci riesce: unisce le donne delle organizzazioni musulmane di Monrovia e nasce il "Liberian Mass Action for Peace" (Azione di massa per la pace in Liberia).
Quando nel documentario scorrono le immagini del suo incontro con Charles Taylor, con la voce di una delle tante donne che attendono sotto, le magliette bianche e i foulard in testa che dice: pregavamo tutte insieme che non le venisse meno la forza di parlare con il dittatore nell'aula scende - se possibile - ancora di più un silenzio di pietra. Leyma sale le scale che la portereanno al palco dove, su un trono, è seduto Taylor, ed elenca - la voce ferma e decisa - tutti i motivi per cui "le donne sono stanche". Di vedere i loro figli morire, le loro bambine violentate, di non sapere che cosa dare da mangiare ai loro ragazzi, di non sapere che futuro ci sarà....solo poco prima c'era stata la cruda descrizione dell'abominio al quale era stata constretta una delle tante liberiane: guardare da un lato la figlia adolescente seviziata davanti ai suoi occhi e dall'altro il marito, la gola tagliata gradualmente fino a farlo morire dissanguato. E quando il sangue che zampillava le è finito addosso, questa donna ha cominciato a urlare finoa uscire di senno. Due giorni dopo l'hanno trovata che vagava nel villaggio, ballando a ritmo della musica che i miliziani l'avevano costretta a canticchiare mentre osserva la distruzione dei suoi cari.

Realtà come queste, lontane da noi per il solo fatto di non vederle sono state gettate davanti agli occhi di chi, seduto in platea, le osservava senza poter neanche deglutire.

Leyam ottiene comunque da Taylor la promessa di partecipare ai colloqui di pace in Ghana. Trattative lunghe, che l'hanno vista anche capeggiare una protesta passiva fuori dalla sede delle riunioni.
Riuscirà a condurre una delegazione di donne liberiane in Ghana per esercitare una pressione continua sulle fazioni in guerra durante il processo di pace.

Leymah Gabowee è madre di sei figli. Uno di pochi mesi che lei, pochi minuti dopo che tutto questo era stato proiettato e visto, stava andando a cambiare nei servizi dell'Ara Pacis.
Mentre giornalisti e televisioni la aspettavano con gli occhi ancora umidi per aver visto il suo operato.



Come riconoscimento per il ruolo che ha svolto nel processo di Pace in Liberia, nel 2007 la Women Leadership Board della Kennedy School of Government dell'Università di Harvard le ha conferito il "Blure Ribbon Award". Nel 2008 Leymah è stata acclamata dal White House Project e dal E-Women News uno dei leader del XXI secolo e inviatata come ospite d'onore al Gala del Global Fund for Women. Nell'ottobre 2009, a Saint Thomas nelle Isole Vergini Americane, ha ricefvuto il "Gruber Prize Award" e nel nopvembre 2009 il Victor E. Ward Educational Fund of liberia le ha conferito il "Crystal Award for Peace Building". Nel febbraio 2010 sarà insiginita del "Living Legend Award for Peace Building".
Leymah Gbowee ha conseguito una laurea in Trasformazione del Conflitti presso la Eastern Mennorite University.

Il documentario Pray the davil back to Hell è stato premiato come Miglior Documentario nel 2008 al Tribeca Film Festival.

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