mercoledì 21 gennaio 2015

ESPLOSIONE ROMA, SE UN'ANZIANA SCEGLIE LA GIUSTIZIA FAI DA TE

Doveva essere una notte come tante, un condominio anonimo della capitale e invece c’è un uomo innocente che è morto, e già questo basta per far parlare di tragedia. Ci sono 21 feriti, che dovranno capire di essere vivi per miracolo. E poi c’è una donna, anziana, che pensa di garantirsi un risarcimento per torti subiti, la certezza di una tranquillità che adesso lei si vede negata. Il fai da te, insomma, come assicurazione di una pace pretesa. O, perlomeno, di una giustizia che non si certi di vedere, dopo.

Ottantatré anni, di origini sarde. Senza più quel compagno con il quale ha diviso una casa e una vita e senza nessuno che la consigli di fronte all’ennesima ingiunzione di sfratto avanzata dai nuovi proprietari: i figli del suo compagno, oggi eredi della sua casa.
Sola. E cosciente di dover andar via. E nella sua solitudine Giovannina Serra macera la convinzione di mettere fine a una persecuzione subita, a un torto perpetrato, a un’onta troppo a lungo tollerata.
Nella sua testa l’ora di reagire scatta davanti a una bombola del gas in grado di sventrare un palazzo di quattro piani. Ma questo viene dopo, l’importante è smettere di subire e vendicarsi.
Dietro all’esplosione in piena notte, a Roma, del palazzo in cui abitavano e dormivano inquilini e residenti, famiglie con bambini e lavoratori che il giorno dopo dovevano alzarsi all’alba, c’è il vuoto incolmabile di una società e di uno stato, che ieri  - nel conflitto a fuoco tra legge e giustizia – hanno perso di nuovo e mostrato a tutti la voragine che li separa.
“Non mi pento di quello che ho fatto”, ha detto la donna quando la polizia l’ha arrestata. Parole che in sé portano certezze di verità. Non lontane dalle intenzioni che accompagnano i gesti estremi e fanatici dei seminatori di morte. 
Una donna convinta di essere nel giusto, tanto da accompagnare il gesto con la firma: “Non vi godrete la casa, perché siete ladri”.  E’ la realtà ribaltata, rivoluzionata. La finzione che si fa verità agli occhi di chi decide di farsi giustizia da sé. E così, chi si sente vittima, finisce con il credere di esserlo davvero.  La sintesi di questo strappo è Giovannina Serra. Che giorno dopo giorno si è caricata di rabbia, fino a esplodere – come la sua bombola -  spargendo dolore sugli innocenti. 
Un episodio che porta a chiedersi – allargando lo sguardo – dove sia finita quella rete di sostegno che tiene (e ripara, e difende) a dispetto degli scossoni della realtà e dei suoi sgambetti, e di un welfare latitante. Una rete che nel piccolo è la famiglia e in scala è la società; un tessuto a maglie strette in cui i più grandi e forti difendono e tutelano i più piccoli e indifesi secondo la più grande legge del buon senso. Certezze. Garanzie. Che se saltano, come i posti di lavoro, i letti d’ospedale, i diritti negati, permettono che si inneschi la legge del più forte (che spesso è anche il più tutelato) e al loro posto lasciano vuoti umani e materiali. Buchi profondi che si colmano di rabbia. E che alla fine, soprattutto se deboli, esplodono.
Giovannina Serra, a 83 anni, anello più indifeso di una catena familiare e sociale, è accusata di omicidio e di strage.
Però. In questa rete bucata che ha permesso al dolore e all’orrore di fare capolino insieme, c’è la lacuna di una cultura che non tiene più conto né in considerazione gli anziani e il loro universo disseminato di ricordi e di fantasmi. Che considera il patrimonio degli anni come un fardello pesante di cui scrollarsi il prima possibile, che nell’avvicendarsi del tempo legge solo rughe e vecchiaia. E’ il tempo svalutato, gli anni snaturati del loro crescere e ispessirsi. Va letta trasversalmente, anche se con il rispetto dovuto a una vita che non c’è più, la tragedia di una donna, anziana, che finisce la sua vita con una macchia indelebile sulla coscienza. Ossessionata dall’idea di rimanere senza un tetto sulla testa, pur avendo altre abitazioni, ma evidentemente considerando casa sua solo quella nella quale era vissuta felice. Di questa donna, di cui molti sapevano che a lungo aveva desiderato farsi intestare la casa dal compagno, che chi la conosce ricorda come “angosciata”, della quale nessuno esita a dire “si sentiva perseguitata”, e che addirittura venti giorni fa aveva lasciato aperti i fornelli, di questa donna, nessuno  hai mai pensato di occuparsi, magari chiamando un assistente sociale?  E nei tanti e ripetuti momenti delle ingiunzioni, non c’è mai stato un medico che, allertato dal suo stato, possa aver valutato un intervento specifico? Dubbi così. Interrogativi. Che aggiungono macigni di riflessioni a quelli lasciati da un’esplosione che poteva essere evitata, solo fossero state messe in campo  - per tempo – le attenzioni dovute agli anziani soli.

Nessun commento: