mercoledì 18 febbraio 2015

CARCERI, LA MORTE CELEBRATA SUL WEB: NON BASTA L'OBLIO

Adesso i volti non sono più visibili. E neppure i nomi. Cancellati velocemente, insieme alle frasi ingiuriose e infamanti che alcune guardie penitenziarie avevano postato per gioire del suicidio, nel carcere di Opera, di un detenuto condannato all'ergastolo. Tutto cancellato con un clic, perché nessuno conosca l'entusiasmo condiviso per il gesto di un uomo che rinuncia alla sua vita mentre è affidato alle mani dello Stato. Un entusiasmo che è stato reso pubblico, condiviso, che ad alcuni è persino piaciuto, che ha suscitato approvazione e incoraggiamento. Anche quando i commenti, uno dopo l'altro, pubblicati sul profilo Facebook di un piccolo sindacato di polizia penitenziaria, l'Alsippe, suggerivano ironici consigli "disposizione più corde e più sapone". O inviti sarcastici: "Collega, scala la conta". Tutto pubblicato, tutto visibile. Potenzialmente anche da qualcuno che conosceva il rumeno 39enne Ioan Gabriel Barbuta, condannato a vita per aver ucciso un vicino di casa. E' Internet, e in questo caso non è bellezza. Ma cassa di risonanza facile e gratuita, aperta a tutti - e chi vuol prendere prenda pure - di un'irresponsabile possibilità di far girare parole come fossero informazioni.  E' il caso di questa storia, cominciata tre giorni fa con la morte di un uomo e culminata oggi nella celebrazione cosciente del suo gesto sentito come riscatto per tanti. Oltraggi non a un uomo ma a un'intera condizione, offese messe nero su bianco in totale sprezzo della dignità umana. Dileggiata proprio da chi, quella stessa dignità, è chiamato a tutelarla, a proteggerla. Messaggi che hanno scatenato polemiche e indotto il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria a parlare di "fango" nei confronti di tutti gli agenti impegnati a tutelare le persone che hanno in custodia. Quindi, l'avvio di un'inchiesta interna. E poi l'intervento del guardasigilli. Potere anche questo di Internet, va detto. Che prende e toglie senza guardare in faccia nessuno. E che con la stessa facilità con la quale fa transitare l'osceno, fa anche sì che l'osceno possa essere censurato.  E se sarà la giustizia a stabilire se comminare pene - e quali - a chi si è reso responsabile di portare in trionfo l'estremo gesto della disperazione umana, a chi scrive resta da chiedersi fino a che punto la libertà stabilita dal potere della Rete sia da temere se lasciata senza una custodia adeguata. Perché anche se adesso le frasi ingiuriose e offensive sono state cancellate, è pur vero che sono esistite. E come accade per tutto ciò che nasce e muore, un seme da qualche parte resta e prima o poi germoglierà di nuovo. Il piccolo sindacato, chiamato in causa, ha spazzato via con un clic le tracce di un malessere che si è trasformato in vilipendio. Ma il vilipendio c'è stato. L'oblio non può esserci.

1 commento:

Roberto ha detto...

Hai ragione ma forse cosi è possibile capire cosa è come pensano certe persone. È terribile vedere tanta indifferenza.