giovedì 28 agosto 2014

IO TWITTO, TU ZITTO

C'era una volta, tanto tempo fa "Lo dice l'Ansa".
Nelle redazioni dei giornali, al solo pronunciare questa liquidità sonora, quindi dolce, il viso di chi ascoltava si distendeva, gli occhi prendevano una luce diversa, la pelle si irrorava di un chiarore luminoso. Meglio di una crema da viso giorno/notte da 200 euro al Duty Free: "Lo dice l'Ansa".
L'effetto rigenerante era garantito anche dal più semplice e trivialotto "E' uscita l'Ansa". Le toglievi la parola, sì, ma vuoi mettere il significato recondito dell'uscita, del parto, della genesi: l'Ansa che usciva sull'argomento trattato era il numero del lotto che ti portavi a casa trionfante. Tu, giornalista. Che eri pure alla moda, nel tuo genere.

Tu, giornalista. Che se eri scarso, restavi davanti a una tastiera in attesa di associare la tua firma all'Ansa-pensiero. Ma che se eri capace ti facevi venire un infarto al telefono con chi - sapendoti sul posto a verificare un fatto - ti chiedeva se eri sicuro di quel che vedevi, Sai...l'Ansa ancora non è stata battuta...  
Oggi, chi sei, tu che aspetti l'Ansa? Minimo minimo il nonno del tuo collega che con il retino acchiappa al volo il twitt. Sei carta da parati di stoffa  in confronto al bianco delle pareti di quelli à la page: quelli che non fanno i buchi perché i quadri li appoggiano per terra. Sei così, tu: modernariato della dichiarazione attesa.
Lo so che adesso, arrabbiato, chiederai: Se la dichiarazione la si riprende dall'Ansa o da un twitt, che cosa cambia?
A occhio e croce, la differenza è la stessa che intercorre tra chi parla a una persona che, se vuole, può anche fare una domanda, per capire meglio o per saperne di più, e chi  - affacciandosi a una finestra - impone la sua sapendo nessuno obietterà.
Io twitto e tu zitto, insomma. 
Eccolo lo slogan dei tempi moderni, io cinguetto e tu ascolti. Io dico e tu scrivi. Io voglio e tu fai. Non c'è l'ordine, non esiste l'imposizione: c'è il cinguettio. E' obbedienza, ma è dolce. 
Come la morte, a ben pensarci. 

Sul fatto poi che l'auspicio al silenzio totale collettivo nel nostro Paese corrisponda a una certezza assoluta e garantita, beh, questo potrebbe essere frutto non dico di un documentario perché nessuno lo finanzierebbe, ma di un'interessante  - quanto lunga - seduta psicanalitica nazionale, questo sì.

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