giovedì 10 marzo 2016

EXTREME OUTSOURCING - 2/5

EXTREME OUTSOURCING

di Chiara Lico

Eilà, sono ancora io, Michelino.
Alla fine il Laipad non l’ho avuto perché tutti gli indizi sono andati a finire nell’aspirapolvere gestita in autonomia quasi didattica dalla nostra filippa. Ragione per cui ci ho pensato io, a sistemarla. Ma questo dopo. Filippa che non solo s’è beccata la camera che era di nonna, per cui adesso vive e vegeta con noi. Ma che tra un po’ se non stiamo attenti ci chiude fuori casa perché dentro a questi ottocento metri quadri di mura ci sta più lei che noi.
Visto che lava lei, fa la spesa lei, cucina lei.
La filippa ovviamente non si chiama Filippa. E neanche il filippo suo marito si chiama Filippo. Vallo a capire come si pronunciano i geroglifici loro, fatto sta che da noi rispondono ai nomi di Assunta e Libero. “Perché siamo democratici”, dicono i miei, “Tutti hanno diritto al lavoro e all’indipendenza. Per cui da noi una è Assunta e l’altro è Libero”. 
Genny mi ha guardato strano.
“Siete fichi voi rivoluzionari a parole”, mi ha detto.
“Che vuol dire?”
“Non lo so”, mi ha risposto, “Lo dicono i miei”.
Forse sarà un insulto borghese, ho pensato, di quelle che non si capiscono al volo. E come niente ho preso e gli ho dato un pugno sul naso. Sangue, poco. Ma è bastato.
La prossima volta glielo rompo. E se lo dico, lo faccio.
Gli insulti borghesi, ad esempio, sono quelli che dispensa mia madre. Che pare ti fa un complimento e invece ci va giù dura come un’accetta. La sua è una tattica collaudata. “Mia nonna era già borghese quando gli aristocratici ancora mangiavano nei piatti d’oro”, ricorda a tutti ogni tanto dall'alto dei suoi zigomi, e fa l’occhiolino.
Comunque, tornando a noi: quando qualcuno fa qualcosa che non quadra o non le piace si capisce subito perché lei si attacca con il mantra del Tesoro. Gli stai simpatico ma manco troppo? Tesoro…. Gli stai antipatico? Tesoro, veramente…. Non ti può vedere? Tesoro, scusa, no…ascolta…. Ti odia al massimo? Tesoro, cara.
I torinesi a mia madre gli fanno un baffo.
Tesoro, insomma, è la vasellina. Perché il bello sta sempre per arrivare e perché tra loro i borghesi come lei si vogliono tutti bene. Mica come gli altri che si odiano e si dicono Vaffanculo anche alle spalle. No. A casa mia si fa così: “E’ un vero tesoro, io le voglio bene, ci conosciamo da una vita, però  - tra noi ce lo possiamo dire – sarebbe proprio da mandare affanculo”.
Un modo di fare che non capisci mai se ce l’ha mandata oppure no.
E siccome la forma è sostanza, il risultato lascia il passo all’intenzione. E non è la stessa cosa, checché se ne dica. Ma in tempi di crisi, si sa, esce fuori l’anima. Nasconderla non è possibile, camuffarla si può. Ma il buon intenditore affanculo ci va.
“Extreme outsourcing, tesoro”. Questa è stata la risposta sorridente della mia mamma borghese a una mamma normale che le aveva chiesto come faceva a fidarsi di tutta questa gente che le girava per casa, compreso il filippo che ci portava a scuola.
“Extreme outsourcing, tesoro”, è stata la risposta. Che tradotta significa Se non sai delegare peggio per te. Vito che tutti possono permettersi “driver” e consorte.
Sofi sta già diventando una tipa così.
Meno male che è mia sorella, così ci litigo il prima possibile e da grande non avrò il problema che hanno tutti in famiglia: da chi andremo il 24 e da chi il 25.
(Poi vi dico come ho castigato la filippa, non vi preoccupate, non me ne dimentico).
Comunque ieri la maestra ne ha fatta una, al che mio padre anche se non gli andava perché stava giocando a un gioco sul Laipad ha dovuto chiamare uno dei suoi amici. Per non interrompersi  ha parlato con il vivavoce.
“Ruote”, ha detto.
“Tutte e quattro?” gli ha chiesto quello.
“Anche quella di scorta”
“Sarà fatto”  .
Devo dire che quando dalla finestra del bagno l’ho vista che girava intorno al suo scassino rosso bordeaux un po’ m’è dispiaciuto. Ma d’altra parte papà non poteva lasciar correre: io fuori dalla classe per tre ore e l’ultima in prima elementare, insieme ai più piccoli.
“Punizione, si chiama”, guardavo la Preside, mio padre al telefono. 
“Non scherziamo” , sentivo la voce di papà: era calmo.
“No, infatti”, gli ha detto la preside. Ping
“Facciamo che scherziamo”, pong. il tono di mio padre si sentiva che non è che era proprio bello.
Che poi a pensarci bene, che cosa avevo fatto? Una penna bic come cerbottana. Sì. E il cartoccetto era finito in fronte alla maestra, sì.
“Arma impropria”, gli ha detto la preside a mio padre.
“Ma lei la vuole vedere davvero com’è fatta un’arma, Preside?”.
E il discorso era finito là.
Da allora sono servito e riverito.
A mensa mi danno il bis e pure il tris, se voglio. E a ricreazione tiro su le gonne delle femmine e nessuno mi dice niente.
“La prossima volta mando quattro albanesi”, ha detto mio padre a mamma, “Ma glieli mando a casa”. 
Comunque alla fine mio padre, per dire com’è, l’ha fatta accompagnare dal filippo, la maestra che aveva cantato a sproposito.
Alla fine se vai a ben guardare non sono cose da tutti. Noi Burghess siamo così. Sì, Burghess è il mio cognome.
“Siamo così”, ripete, “Anche in tempi di crisi”. E quando mia madre sente questo,  l’occhio truccato al naturale le lacrima che è una meraviglia. Ma si gira di scatto. Non per timidezza, ma perché se poco poco la goccia di emozione le cade sul Laipad è la fine del mondo.  
Insomma, non mi sono dimenticato. È o no per colpa della filippa che io non ho avuto il Laipad per Natale? Sì. E allora io ci ho riflettuto un po’ su e poi ho avuto lo stesso pensiero che hanno tutti i figli: che cosa avrebbe fatto mio padre al mio posto. Quando mia madre le ha visto la caviglia rotta s’è disperata. “Posso scendere qua sotto, mami?” “Certo, Michelino”, mi ha risposto singhiozzando. Stavano tutti e tre ad aspettarmi: “Cinque euro per uno”, ho detto guardandoli in faccia. Ho preso i soldi, mi sono girato, ho pensato alla filippa: “Extreme outsourcing, tesoro”.

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