Può
succedere, a volte, di conoscere delle persone. E di scoprire, poi, che non le
si è conosciute a caso. Che tutto è regolato, se non dominato, da un ritmo
scandito da fatti indipendenti, apparentemente dislocati in un ordine spazio
temporale che solo nel tempo delinea i suoi connotati in modo comprensibile.
Sincronicità,
le chiama Robert Hopcke in Nulla succede per caso, un lavoro
importante con un sottotitolo che è tutto un programma, se non – addirittura –
il contenuto del testo stesso: Le coincidenze che cambiano la nostra
vita.
Scrittore,
giornalista, conoscitore e studioso dell’animo umano, Hopcke aiuta ad
analizzare – decodificandoli – i nessi che collegano gli avvenimenti di ogni
esistenza. Una lettura apparentemente divulgativa, in realtà al limite del
filosofico se vero che alla fine gli strumenti che si ottengono sono
quelli dell’interpretazione dei fatti attuali e in proiezione, l’analisi di
quelli che verranno (o che sarebbero venuti dopo, se si guarda al passato). Le
sliding doors, insomma. Sì, in un certo senso.
Poi,
succede che a volte si ha più tempo per far sedimentare incontri, conoscenze,
conversazioni assorbite. E che in un’ottica che è quella di Hopcke si analizzi
quel che accade nella propria vita o intorno a sé con un occhio diverso. In
altre parole, che si considerino i nessi. O, quelle che la grandissima
Montessori definiva le relazioni. Individuarle, significa comprendere davvero.
E
così colpisce che proprio nel giorno in cui i giornali raccontano lo scempio
dell’Ilva (con il governo che si dimentica le bonifiche - che almeno
porterebbero occupazione ma di sicuro garantirebbero la salute - e il
disarmante oltraggio alla guerra dei fuochi, con una popolazione annientata da
interessi e logiche terze, alla quale neanche una visita di Papa Francesco
riesce a riportare la speranza, ci si ritrovi a riflettere di un
altro testo, importante quanto relegato al settore degli addetti ai
lavori: La comunicazione ecologica, di Jerome Liss.
Un saggio con dentro i fumetti, un saggio per immagini
ed emozioni linguistiche. Val la pena banalizzare pur di
avvicinare a una lettura che scardinando e rovesciando l’ottica uomo
– ambiente, mostra l’applicazione dei principi ecologici alle relazioni umane.
Cioè, “coltivare le risorse di ogni persona, rispettare la diversità
e nello stesso tempo mantenere una coesione globale in modo che le persone
possano agire insieme per un obiettivo che è quello della
comunità”. Lo sforzo di Liss è trovare equilibrio tra bisogni
individuali e crescita della totalità. Tutto, con alla base un presupposto
fondamentale, che è quello della comunicazione democratica.
È interessante rileggere l’attualità nell’ottica
delineata dall’autore, rivedere come non solo la comunicazione (soprattutto
quella ecologica) sia venuta meno in una società che condanna a morte i suoi
cittadini, ma soprattutto in cui la logica rovesciata dell’interesse
individualista e malavitoso, rischi di portare una contaminazione della qualità
dell’uomo stesso.
Che società è, viene da chiedersi, quella che vede
l’uomo peggiorare da qualsiasi angolazione lo si guardi: da un punto di vista
naturale: l’uomo diminuisce per il fatto stesso di non vivere
nel bene, nel sano; e, soprattutto, da un punto di vista di valori: se non ci
si occupa né cura di educare all’ecologico inteso come bello – anche attraverso
la fatica del dialogo - la natura ci si rivolgerà contro. Per ogni
abbrutimento che apportiamo, potrebbe aspettarci un malanno derivato dal
peggioramento dell’ambiente.
Interessante in questo senso l’idea di un progetto da
condividere nello sviluppo di obiettivi individuali rivolti a una collettività.
E quanto mai adatta ai giorni nostri l’idea di partenza: in un contesto
collettivo chi decide può organizzare il meglio solo ascoltando le proposte dei
gruppi base.
Si chiamano decisioni comuni, ma hanno un solo
significato: evoluzione.
Il pensiero torna al quotidiano: nei luoghi
d’Italia massacrati dagli interessi in nome di vantaggi e tornaconti personali,
in pochi hanno deciso per tanti, se non per tutti. Pensiamo a Taranto, a
Brindisi, alla Campania incendiata. E poi alla Calabria, alla
Liguria. È mancata la condivisione, l’ascolto, il confronto. È
mancata – e manca – l’evoluzione.
Eppure, proprio in natura, come in pochi altri
elementi, tutto è così strettamente collegato, ogni aspetto così organicamente
sincronico: i conti che tornano, sempre.
Il 30 aprile 2014 a 88 anni è morto Emilio Riva,
magnate dell’acciaio. Il suo nome, dagli anni Novanta in poi, è collegato all’Ilva
e alla bufera giudiziaria sui danni ambientali
dell'acciaieria più grande d'Europa.
Il giorno successivo i giornali e tutti gli
stabilimenti italiani ricordavano però un altro uomo. Roberto
Mancini, poliziotto che tra i primi indagò sui veleni e sui traffici illegali
della terra dei fuochi. La sua denuncia gli costò il prezzo altissimo della
leucemia che gli fu fatale. Oggi è il simbolo della lotta all'inquinamento
ambientale.
E’ morto anche lui il 30 aprile 2014.
Sincronicità. E, forse, molto altro.
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