domenica 27 luglio 2014

QUANDO NULLA SUCCEDE PER CASO

Può succedere, a volte, di conoscere delle persone. E di scoprire, poi, che non le si è conosciute a caso. Che tutto è regolato, se non dominato, da un ritmo scandito da fatti indipendenti, apparentemente dislocati in un ordine spazio temporale che solo nel tempo delinea i suoi connotati in modo comprensibile.
Sincronicità, le chiama Robert Hopcke in Nulla succede per caso, un lavoro importante con un sottotitolo che è tutto un programma, se non – addirittura – il contenuto del testo stesso: Le coincidenze che cambiano la nostra vita.
Scrittore, giornalista, conoscitore e studioso dell’animo umano, Hopcke aiuta ad analizzare – decodificandoli – i nessi che collegano gli avvenimenti di ogni esistenza. Una lettura apparentemente divulgativa, in realtà al limite del filosofico se  vero che alla fine gli strumenti che si ottengono sono quelli dell’interpretazione dei fatti attuali e in proiezione, l’analisi di quelli che verranno (o che sarebbero venuti dopo, se si guarda al passato). Le sliding doors, insomma. Sì, in un certo senso.
Poi, succede che a volte si ha più tempo per far sedimentare incontri, conoscenze, conversazioni assorbite. E che in un’ottica che è quella di Hopcke si analizzi quel che accade nella propria vita o intorno a sé con un occhio diverso. In altre parole, che si considerino i nessi. O, quelle che la grandissima Montessori definiva le relazioni. Individuarle, significa comprendere davvero.
E così colpisce che proprio nel giorno in cui i giornali raccontano lo scempio dell’Ilva (con il governo che si dimentica le bonifiche  - che almeno porterebbero occupazione ma di sicuro garantirebbero la salute - e il disarmante oltraggio alla guerra dei fuochi, con una popolazione annientata da interessi e logiche terze, alla quale neanche una visita di Papa Francesco riesce a riportare la speranza, ci si ritrovi  a riflettere di un altro testo, importante quanto relegato al settore degli addetti ai lavori: La comunicazione ecologica, di Jerome Liss.
Un saggio con dentro i fumetti, un saggio per immagini ed emozioni linguistiche. Val la pena banalizzare pur di avvicinare a una lettura che scardinando e rovesciando l’ottica uomo – ambiente, mostra l’applicazione dei principi ecologici alle relazioni umane. Cioè, “coltivare le  risorse di ogni persona, rispettare la diversità e nello stesso tempo mantenere una coesione globale in modo che le persone possano agire insieme per un obiettivo che è quello della comunità”.  Lo sforzo di Liss è trovare equilibrio tra bisogni individuali e crescita della totalità. Tutto, con alla base un presupposto fondamentale, che è quello della comunicazione democratica.
È interessante rileggere l’attualità nell’ottica delineata dall’autore, rivedere come non solo la comunicazione (soprattutto quella ecologica) sia venuta meno in una società che condanna a morte i suoi cittadini, ma soprattutto in cui la logica rovesciata dell’interesse individualista e malavitoso, rischi di portare una contaminazione della qualità dell’uomo stesso.
Che società è, viene da chiedersi, quella che vede l’uomo peggiorare da qualsiasi angolazione lo si guardi: da un punto di vista naturale: l’uomo diminuisce per il fatto stesso di non vivere nel bene, nel sano; e, soprattutto, da un punto di vista di valori: se non ci si occupa né cura di educare all’ecologico inteso come bello – anche attraverso la fatica del dialogo  - la natura ci si rivolgerà contro. Per ogni abbrutimento che apportiamo, potrebbe aspettarci un malanno derivato dal peggioramento dell’ambiente.
Interessante in questo senso l’idea di un progetto da condividere nello sviluppo di obiettivi individuali rivolti a una collettività. E quanto mai adatta ai giorni nostri l’idea di partenza: in un contesto collettivo chi decide può organizzare il meglio solo ascoltando le proposte dei gruppi base.
Si chiamano decisioni comuni, ma hanno un solo significato: evoluzione. 
Il pensiero torna al quotidiano: nei luoghi d’Italia massacrati dagli interessi in nome di vantaggi e tornaconti personali, in pochi hanno deciso per tanti, se non per tutti. Pensiamo a Taranto, a Brindisi, alla Campania incendiata. E poi alla Calabria, alla Liguria.  È mancata la condivisione, l’ascolto, il confronto. È mancata – e manca – l’evoluzione. 
Eppure, proprio in natura, come in pochi altri elementi, tutto è così strettamente collegato, ogni aspetto così organicamente sincronico: i conti che tornano, sempre.
Il 30 aprile 2014 a 88 anni è morto Emilio Riva, magnate dell’acciaio. Il suo nome, dagli anni Novanta in poi, è collegato all’Ilva e alla bufera giudiziaria sui danni ambientali dell'acciaieria più grande d'Europa.
Il giorno successivo i giornali e tutti gli stabilimenti italiani ricordavano però un altro uomo. Roberto Mancini, poliziotto che tra i primi indagò sui veleni e sui traffici illegali della terra dei fuochi. La sua denuncia gli costò il prezzo altissimo della leucemia che gli fu fatale. Oggi è il simbolo della lotta all'inquinamento ambientale.
E’ morto anche lui il 30 aprile 2014.
Sincronicità. E, forse, molto altro. 


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